
Nuovo Orione nr. 228
Maggio 2011
In edicola dal 28 Aprile
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Telescopio Vixen R130Sf63
Telescopio Vixen R130Sf
Walter Ferreri
-In questa prova abbiamo preso in esame uno strumento che dovrebbe coniugare una buona potenzialità osservativa con un peso contenuto; un desiderio di molti astrofili, che per vedere qualcosa del cielo profondo sono costretti a trasportare il telescopio lontano
dalla propria abitazione. Potenzialmente, questo Vixen (Made in China) risponde proprio a tali requisiti. Lo strumento è contenuto in due imballi, con quello più alto e più pesante (si fa per dire: il peso è di soli 7 kg) che contiene il blocco treppiedi-montatura. Aperta la confezione, si nota come il materiale sia molto ben imballato. Anzi, viste le generose dimensioni del materiale di protezione, si potrebbe prevedere di contenere ottica e montatura/treppiedi in un solo imballo, con un certo risparmio di ingombro. Beninteso, questo ha senso per chi pensa a spostamenti e richiede il minor ingombro esterno possibile. Il treppiede e la montatura Con piacere, abbiamo constatato che il treppiede è già collegato alla sua montatura, facendo risparmiare del tempo per il montaggio. L’alluminio è il metallo dominante; grazie al suo uso intensivo il peso del tutto senza ottica è di soli 5,5 kg. Questo treppiede allungabile (con altezze della base della montatura variabili di circa 40 cm) è molto robusto per lo strumento che deve sostenere. La sicurezza dei blocchi è esuberante; anche se il treppiede viene utilizzato con una divaricazione parziale, la sua stabilità si è sempre dimostrata sufficiente. La montatura altazimutale, chiamata “Porta”, è di ottima progettazione, sia per come sono realizzati i movimenti che per la robustezza.
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Il Foglio Elettroluminescente Tecnosky58
Il Foglio Elettroluminescente Tecnosky
Federico Manzini
-Fra coloro che si intendono di astrofotografia, si sente spesso parlare dei Flat Box, e qualcuno ha tentato di procurarsene uno o di autocostruirselo. Anch’io ho tentato innumerevoli volte di produrre una strumentazione che mi permettesse di disporre in tempo rapido di un buon flat field, con risultati però sempre al di
sotto delle aspettative. Se è difficile produrre un flat per uno strumento di piccole dimensioni, la cosa è ancor più difficile e complicata per un telescopio di larghe dimensioni e per una camera con un sensore di 3 o 4 megapixel. Il flat field Ma che cosa sarebbe
questo flat field? La traduzione dall’inglese suona “campo piatto”; ma siamo al punto di prima. Bisogna allora fare un piccolo passo indietro: ogni immagine ripresa con un sensore digitale (ma anche analogico) contiene del “rumore” o delle disuniformità nel fondo. Questo può essere dovuto proprio a disuniformità interne al sensore stesso (tipiche di ogni CCD o CMoS, a causa di una non perfetta stesura degli elementi che compongono i singoli pixel) e anche alla presenza di polveri depositate tanto sul sensore, quanto sull’oblò che lo protegge.
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Basta con i flat field difficili!54
Basta con i flat field difficili!
Peter Kalajian
Impariamo a lavorare con la calibrazione dei flat field per migliorare la qualità delle immagini CCDOgni volta che sono in compagnia di altri astrofotografi, mi piace fare una rapida indagine: quanti di loro stanno calibrando le immagini con un flat field? I risultati non sono sorprendenti. Invariabilmente, pochi principianti usano questa tecnica. D’altra parte i sistemi che utilizzano i flat field sembrano avere una particolare mistica, che spaventa anche molti astronomi professionisti, ma non dovrebbe essere così! Con un po’ di studio e un po’ di pratica, il flat field può essere capito e applicato con grande vantaggio di ogni astrofotografo. Il flat field Tutte le più belle astrofotografie iniziano con alcune calibrazioni di base, prima che l’astrofotografo passi a un’elaborazione supplementare. Usare un flat field è la parte di questa calibrazione che attenua l’effetto della variazione in sensibilità dei pixel del CCD, corregge la vignettatura del sistema ottico ed elimina le ombre generate da polveri sui componenti di tutto il sistema di formazione dell’immagine.
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Ruggiero Giuseppe Boscovich, un gesuita tra le stelle53
Ruggiero Giuseppe Boscovich, un gesuita tra le stelle
Giuseppe Palumbo
Trecento anni fa nasceva il fondatore del celebre Osservatorio Astronomico di BreraDalla fine del Settecento, l’Osservatorio Astronomico di Brera, che prende il nome da uno storico quartiere del centro cittadino, è uno dei simboli della città di Milano. Reso celebre in tutto il mondo dalle storiche osservazioni eseguite da Schiaparelli alla fine dell’Ottocento. Meno note sono le circostanze della nascita dell’Osservatorio e la figura del suo fondatore, il gesuita Ruggiero Giuseppe Boscovich, di cui in questo mese ricorre il terzo centenario della nascita. Cogliamo quindi questa occasione per indagare questa interessante figura di religioso-scienziato dell’età dei Lumi. Instancabile viaggiatore Boscovich nacque a Ragusa, in Dalmazia (oggi Dubrovnik), il 18 maggio 1711. Compì i primi studi presso il collegio gesuitico della sua città natale, per poi recarsi a Roma, dove continuò gli studi sempre presso i Gesuiti. Nel 1727 prese i primi voti di gesuita; studiò le lingue classiche e la cultura umanistica, per poi dedicarsi, dal 1730, alla matematica e alla fisica astronomica. Due anni dopo iniziò a insegnare e dal 1737 iniziò gli studi di teologia per preparare l’ordinazione sacerdotale.
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Un giorno sulla Stazione Spaziale48
Un giorno sulla Stazione Spaziale
Antonio Lo Campo
Giunti al termine della missione record del nostro Paolo Nespoli, tracciamo il “diario di bordo” di un astronauta della ISSCon la missione MagISStra, Paolo Nespoli è diventato il primo astronauta italiano a compiere una missione di lunga durata nello spazio. Quasi sei mesi in orbita, fitti di impegni e di lavoro trascorsi sulla ISS, la Stazione Spaziale Internazionale. Nespoli è ormai giunto alla conclusione della sua missione di lunga durata in orbita. Si è trattato del terzo europeo ad aver effettuato una simile impresa: partito con la Sojuz TmA-20 lo scorso 15 dicembre, Nespoli e i suoi due compagni di “lancio”, il comandante russo Dimitrij Kondratijev e l’americana Cady Coleman, dovrà tornare a terra, ancora a bordo della capsula russa. Il rientro è previsto per il 16 maggio, con l’atterraggio nella steppa del Kazakhstan. Con l’aiuto di Paolo Nespoli Ma come si svolgono le giornate in orbita per Nespoli e per gli astronauti che trascorrono sei mesi di permanenza lassù?
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Come riprendere la stella più vicina44
Come riprendere la stella più vicina
Greg Piepol
Il Sole fornisce agli astrofotografi un soggetto affascinante e disponibile in ogni giorno serenoState cercando un soggetto interessante, con aspetti sempre diversi, facile da trovare, pieno di dettagli interessanti e variabili da un minuto all’altro? Allora focalizzate la vostra attenzione sulla nostra stella più vicina, il Sole. Finalmente uscito da una lunga fase di “minimo” di attività, il Sole è diventato un soggetto gratificante che dà soddisfazione all’astrofotografo. Una grande varietà di strumenti disponibili per osservare il Sole in sicurezza - filtri solari, telescopi mirati al suo studio e fotocamere astronomiche - ci fornisce una combinazione vincente che coinvolge e stupisce sia il principiante che l’astrofotografo esperto. Filtri solari Negli ultimi anni, l’osservazione del Sole è andata ormai per tutti al di là della semplice visione in “luce bianca”. Anche gli amatori osservano comunemente il Sole in regioni spettrali “esotiche”, quali la riga alfa dell’idrogeno (H-alfa) e la riga K del calcio (CaK), dove diventano visibili molti dettagli particolarmente interessanti. I tradizionali filtri a luce bianca trasmettono meno dello 0,0032% dell’energia solare, rivelando in grande dettaglio macchie solari scure, circondate dalla loro penombra, come le facole brillanti nella fotosfera. L’aggiunta di un filtro Continuum (che blocca la luce rossa e quella blu), quando l’aria è ferma, migliora la visibilità della granulazione solare e dei dettagli molto piccoli delle macchie solari. La lunghezza d’onda più famosa nell’osservazione del Sole (e si può dire la più interessante) è una stretta banda nella regione rossa dello spettro, nota come riga alfa dell’idrogeno.
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I mille pianeti di Kepler38
I mille pianeti di Kepler
Cesare Guaita
Le scoperte eccezionali di questo osservatorio spaziale della NASA fanno presumere che nella Via Lattea vi siano 500 milioni di pianeti simili alla TerraIl satellite Kepler è stato lanciato dalla NASA il 7 marzo 2009 con il compito di scrutare un campo di 150 mila stelle fino a 3000 a.l. di distanza, in una piccola regione della costellazione del Cigno che corrisponde a circa 1/400 di tutto il cielo, alla ricerca di pianeti extrasolari transitanti sui dischi delle loro stelle. Molte di queste stelle sono nane rosse, un migliaio sono giganti rosse, un altro migliaio sono stelle variabili, per le quali sono possibili solo studi di astrosismologia e non la ricerca di transiti planetari. Metodi in simbiosi L’elevato numero di stelle sotto il controllo di Kepler è un fattore decisivo per il successo del metodo dei transiti. La probabilità che ha un pianeta di transitare sul disco della sua stella è infatti molto piccola (circa l’1% per pianeti a distanza mercuriana, che scende allo 0,5% per pianeti a distanza terrestre e arriva addirittura allo 0,1% per pianeti a distanza gioviana). Quindi, è necessario passare in rassegna un numero molto alto di stelle, per avere la speranza di cogliere un numero sufficiente di transiti. Questo spiega perché i molti programmi che si occupano di transiti planetari da Terra (come TrES, HAT, WASP e XO) abbiano prodotto finora una cinquantina di successi, contro gli oltre 400 pianeti scoperti con il classico metodo spettroscopico della misura Doppler dell’oscillazione radiale delle righe spettrali della stella, indotte dalla presenza di un pianeta.
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Una perfetta messa a fuoco34
Una perfetta messa a fuoco
Don S. Goldman e Barry B. Megdal
I moderni sistemi di ripresa richiedono una focalizzazione molto precisa, che deve tenere conto anche dell’eventuale presenza di filtri e della temperatura ambientaleLa qualità delle immagini astronomiche non è mai stata così alta come negli ultimi tempi. Gli astrofotografi che inviano i propri lavori alle riviste o ai siti Internet specializzati affrontano esami accurati da parte di un pubblico sempre più specializzato. Si pretende che gli oggetti celesti siano provvisti di colori vividi e di inquadramenti adeguati per dotarli di una prospettiva cosmica. Spesso si scaricano le immagini per zoomarle ed esplorarle alla ricerca di particolari ad alta definizione. Stelle tonde e messe a fuoco nitidamente fanno spesso la differenza fra una buona immagine e una che non colpisce nel segno. Alla ricerca del fuoco perfetto Il fuoco perfetto è qualcosa che è preso frequentemente a garanzia. Lo si riconosce quando lo si vede: stelle precise, solo con piccole orlature colorate che rivelano e accentuano i loro colori. È noto che è più difficile realizzare un fuoco perfetto su un sistema a veloce rapporto focale, come un f/3,5, piuttosto che con uno a f/10. Inoltre, man mano che la temperatura scende nel corso della sera, parecchi telescopi richiedono una nuova messa a fuoco, a causa della contrazione termica del loro tubo. La maggior parte degli astrofotografi utilizza camere con CCD monocromatici e riprende esposizioni separate con filtri colorati, che vengono poi composte con opportuni software di trattamento, per produrre un’immagine a colori.