
Nuovo Orione nr. 213
Febbraio 2010
In edicola dal 28 Gennaio
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SkyWatcher MN 190/1000 Black Diamone66
SkyWatcher MN 190/1000 Black Diamone
Riccardo Renzi
-Devo ammettere che poche volte ho desiderato fare il test di uno strumento quanto in questa occasione. Da quando questo telescopio è stato presentato, ha suscitato un enorme interesse, per via del particolare schema ottico per la prima volta prodotto da ottici cinesi. I Maksutov Newtonian (questo è lo schema in questione) non rappresentano una novità assoluta; sono anni che li troviamo sul mercato, prodotti da Paesi ex sovietici. Mi è anzi capitato spesso, durante gli Star Party, di mettere l’occhio all’oculare di questi strumenti, quasi sempre nei diametri di 15 o 18 cm, e sono sempre rimasto favorevolmente impressionato dalla qualità delle immagini prodotte. Immagini vicine, per contrasto, definizione e tranquillità, a quelle di rifrattori di diametro paragonabile. Ciò nonostante, sono rimasti strumenti per pochi, per ragioni di prezzo, peso e ingombro in relazione al diametro. La situazione è cambiata, almeno sul versante prezzo, grazie al Made in China; con il marchio SkyWatcher, viene commercializzato un Maksutov Newtonian di diametro interessante (190 mm), fotograficamente luminoso (f/5,3) e dal prezzo finalmente accessibile. Il produttore dichiara che l’ottica produce stelle non affette da coma su un campo perfettamente piano, tale che il telescopio riuscirebbe a coprire alla perfezione il formato fotografico delle reflex digitali APS; per questo, il telescopio viene dichiarato “astrografo”.
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Osservare il cielo con la scorta in TANZANIA56
Osservare il cielo con la scorta in TANZANIA
Brian Peterson
AFFRONTANDO IL RISCHIO DI DIVENIRE UNO SPUNTINO NOTTURNO PER LA FAUNA SELVATICA, UN APPASSIONATO HA DIVISO IL SUO AMORE PER IL CIELO CON IL SUO ANNO SABBATICO IN AFRICADurante l’estate del 2008, iniziai un anno sabbatico dal mio compito di insegnamento nella Carolina del Sud. Fui interessato da una richiesta di insegnamento presso l’Università di Iringa, in Tanzania. Questo incarico, oltre a consentirmi di portare un piccolo aiuto in un’area che sembra averne molto bisogno, mi avrebbe permesso di insegnare presso una cultura differente, allargando le mie prospettive. Come aspetto incoraggiante, sarei stato per tre mesi a sud dell’equatore in un luogo quasi del tutto privo di inquinamento luminoso. Tre mesi avrebbero dovuto consentirmi di vedere l’intero cielo australe. La Croce del Sud avrebbe dovuto tramontare la sera presto quando sarei arrivato in settembre e sorgere nelle ore mattutine prima dell’alba quando sarei andato via in novembre. Avrei potuto osservare tutti gli oggetti Caldwell e le Nubi di Magellano, impossibili da vedere da casa mia. Ciò che più di ogni altro aspetto mi convinse a intraprendere questo lavoro, fu proprio l’opportunità astronomica, che spesso ti si offre solo una volta nella vita. Iniziai a fare le mie valige.
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IMMAGINI DIGITALI Come misurare la magnitudine limite60
IMMAGINI DIGITALI Come misurare la magnitudine limite
Lorenzo Camolli
ACCANTO AI METODI DI MISURA PIÙ COMUNI, SE NE PROPONE UN ALTRO, CHE È IN GRADO DI FORNIRE RISULTATI MOLTO AFFIDABILIQuanto in “profondo” si riesce ad andare con le riprese digitali? Qual è la stella più debole visibile nelle proprie immagini di profondo cielo? In sostanza, queste domande si possono ridurre a una misurazione: qual è la “magnitudine limite” del mio sistema di ripresa? Mentre per le osservazioni visuali si trova molta letteratura al proposito, e sono disponibili molti metodi sia per prevedere che per misurare la magnitudine limite visuale, per quanto riguarda le riprese digitali si trovano pochi spunti. Ed è forse per questa mancanza che non è inusuale vedere applicati i metodi visuali adattati alle immagini digitali; per esempio, andando semplicemente a cercare a occhio le stelle più deboli presenti in una fotografia. Per quanto riguarda la previsione della magnitudine limite nei CCD, si trova qualche spunto sia online che sulle riviste (vedi per esempio Nuovo Orione n. 114, novembre 2001, p. 54). Ogni considerazione sui CCD può essere facilmente estesa anche alle fotocamere DSLR, avendo l’accortezza di convertire l’immagine in bianco e nero, in modo da estrarre una ripresa il più profonda possibile. Qui rivolgeremo l’attenzione alla misura oggettiva della magnitudine limite, a partire da una ripresa digitale.
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La scoperta di PLUTONE50
La scoperta di PLUTONE
Gianfranco Benegiamo
NEL 1930 FU INDIVIDUATO L’OGGETTO CHE PER PIÙ DI SEI DECENNI È STATO CONSIDERATO L’ULTIMO PIANETA DEL SISTEMA SOLAREIl 18 febbraio 1930, Clyde William Tombaugh, un giovane di appena 24 anni cresciuto in campagna, scopriva l’oggetto allora più esterno del Sistema Solare, al quale fu attribuito il nome di Plutone e il rango di pianeta. Privilegio conservato sino a quando l’Unione Astronomica Internazionale stabilì ufficialmente, durante la XXVI Assemblea Generale tenutasi a Praga nell’agosto 2006, che Plutone rientrava in una nuova classe di oggetti, i cosiddetti “pianeti nani”. Questo riordino della nomenclatura era diventato oramai indispensabile, soprattutto dopo l’individuazione dei grandi corpi celesti situati nella Fascia di Kuiper, ma la decisione provocò comunque accese discussioni. Alcuni astronomi statunitensi ostacolarono con forza, solo per ragioni di prestigio nazionale, il declassamento dell’unico pianeta individuato nel Continente americano. Il recente cambio di denominazione, però, lascia immutata la grande importanza della scoperta, avvenuta esattamente ottant’anni fa. A caccia del Pianeta X Intorno all’inizio del Novecento, qualcuno ipotizzò la presenza di un pianeta ancora sconosciuto ai confini del Sistema Solare: piccoli scostamenti nelle orbite di Urano e Nettuno sembravano indizi rivelatori della presenza di un corpo perturbatore, situato a distanza ancora maggiore. Il ricco uomo d’affari statunitense Percival Lowell si appassionò a questa ipotesi e dal 1905 avviò una ricerca fotografica dell’ipotetico oggetto nel suo osservatorio privato di Flagstaff in Arizona, che aveva fondato per studiare i misteriosi canali osservati dal nostro Schiaparelli sulla superficie di Marte. Confrontando le immagini riprese a distanza di qualche giorno, da principio “armato” soltanto di lente d’ingrandimento e infinita pazienza, l’astronomo americano tentò per anni di rivelare il lento movimento di quello che molti chiamavano “Pianeta X”.
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Il telescopio di Galileo dallo spazio a FIRENZE48
Il telescopio di Galileo dallo spazio a FIRENZE
Riccardo Renzi
L’AFFASCINANTE AVVENTURA SPAZIALE DELLO STRUMENTO CON IL QUALE È STATA FONDATA L’ASTRONOMIA MODERNAÈ tornato. Chiariamo subito un fatto: non si tratta di uno degli autentici, originali telescopi del grande scienziato pisano. Troppo grande sarebbe stato il rischio di perdere o danneggiare uno tra gli oggetti più preziosi e carichi di significato, autentico patrimonio dell’Umanità: e pur tuttavia la copia è stata realizzata nel rispetto dei materiali e delle tecniche risalenti all’epoca galileiana, in uno sforzo collettivo teso a caricare l’avvenimento del significato che merita. Un’impresa nata quasi per scherzo Pensare che la cosa è nata quasi per scherzo, da una conversazione del nostro astronauta Paolo Nespoli col veterano dello spazio Michael “Mike” Massimino, di chiare origini italiane (che rivendica, con orgoglio, appena può). Alla NASA si stava preparando una missione di riparazione all’Hubble Space Telescope, di importanza vitale per il proseguimento dell’operatività del grande telescopio spaziale: Hubble era praticamente inservibile, con i giroscopi fuori uso e le camere di ripresa al limite dell’obsolescenza. La stessa missione di riparazione era in forte discussione: dopo la tragedia del Columbia, le uniche missioni Shuttle consentite dalla NASA rimangono quelle che prevedono l’attracco alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). In questo modo, nel caso di problemi sulla navetta al decollo, l’equipaggio può rimanere sulla stazione spaziale e attendere un’altra navetta (o utilizzare le navicelle di rientro Soyuz) per il rientro, “parcheggiando” lo Shuttle in attesa di riparazione sulla ISS.
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Il Minimo di MAUNDER40
Il Minimo di MAUNDER
Albino Carbognani
SUL LUNGO PERIODO, IL CICLO DELL’ATTIVITÀ SOLARE NON HA UN’INTENSITÀ COSTANTE, E ANCHE LA SUA DURATA HA SUBITO NOTEVOLI VARIAZIONI NEL TEMPOLa prolungata fase di minimo dell’attività solare ancora in atto ha destato numerose preoccupazioni, ma la storia insegna che il Sole ha già manifestato comportamenti anomali anche più notevoli di quelli osservati nell’epoca attuale. Ne abbiamo già accennato nell’articolo “Cosa c’è che non va sul Sole?” di Robert Zimmerman, pubblicato nel numero di ottobre; vediamo ora in modo più approfondito come fu scoperta la più famosa anomalia del ciclo solare e che cosa ci può insegnare per l’epoca attuale. Le macchie solari Se viene osservato in modo superficiale, il Sole sembra sempre uguale, al punto che si potrebbe pensare di prenderlo come esempio di stella rigorosamente costante. In realtà, le complesse interazioni fra campi magnetici e correnti di plasma che si verificano nell’atmosfera del Sole producono fenomeni fisici variabili nel tempo che interessano la fotosfera, la cromosfera e la corona (vedi il box “Come si manifesta l’attività solare”). Le macchie solari, scoperte da Galileo nell’autunno del 1610, sono l’unica manifestazione dell’attività solare che, a volte, può essere osservata a occhio nudo (con adeguata protezione!). All’ispezione visuale, le macchie si presentano come regioni più scure della fotosfera. In una macchia si distinguono almeno due regioni principali: una zona centrale più scura, detta “ombra”, e una circostante più chiara, detta penombra”.
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L'osservazione del SOLE47
L'osservazione del SOLE
Walter Ferreri
RITORNA UN UTILE MANUALETTO PER L’OSSERVAZIONE DELLA NOSTRA STELLA,CORREDATO CON UN PREZIOSO FILTRO SOLARE, IN VENDITA A 7,50 €Dopo un prolungato periodo di “minimo” di attività solare, quest’anno si prevede un risveglio della nostra stella e quindi una ricomparsa delle macchie (vedi l’articolo di A. Carbognani sul “Minimo di Maunder”), in vista del prossimo massimo di attività, inizialmente previsto per il 2012 e ora “rimandato” al 2013. L’osservazione del Sole non richiede necessariamente grandi e costose strumentazioni: un buon binocolo è sufficiente per seguire l’evoluzione e i movimenti delle macchie solari, un’attività molto interessante e istruttiva. Anche la ripresa fotografi ca della nostra stella è relativamente facile. Inoltre, l’osservazione solare è facilmente condivisibile anche con persone non avvezze a fare le “ore piccole” al freddo o a spostarsi alla ricerca di luoghi bui lontano dalle città. Questo non significa che l’osservazione solare sia esente da problemi. La principale diffi coltà è costituita dall’estrema luminosità della nostra stella, che può rappresentare un serio pericolo per i nostri occhi e perfino per gli strumenti di osservazione. Quindi, bisogna innanzitutto dotarsi di apposite protezioni, come il filtro solare di Nuovo Orione.
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L'occultazione lunare delle PLEIADI38
L'occultazione lunare delle PLEIADI
Walter Ferreri
LA SERA DI DOMENICA 21 FEBBRAIO, CON LA LUNA QUASI AL PRIMO QUARTO, L’APPUNTAMENTO CON IL “FENOMENO DEL MESE“Tra i più notevoli fenomeni di questo febbraio c’è sicuramente da annoverare l’occultazione delle Pleiadi da parte della Luna di domenica 21, che - grazie alla loro marcata estensione angolare - sono con una certa frequenza oggetto di questi eventi (si veda in proposito “L’occultazione delle Pleiadi” di Nuovo Orione di luglio 2009). Come osservare il fenomeno Vediamo ora l’evento che ci attende da un punto di vista osservativo, che si presenta piuttosto favorevole, in quanto l’occultazione si ha con la Luna con una fase antecedente, sia pure di poco, a quella di Primo Quarto. Un altro aspetto favorevole è l’orario, molto comodo per le nostre abitudini, poiché il tutto avviene fra le ore 20 e le ore 22. La Luna passa leggermente a sud dell’ammasso; per questo, il membro più brillante che verrà occultato è 23 Merope (4,2 mag.), mentre 27 Atlante (o Atlas, 3,6 mag.) sarà occultato solo osservando dalle regioni meridionali, e 25 Alcione (2,9 mag.) verrà mancata di poco. L’osservazione della fase di immersione è facilitata dal fatto che si verifica dal lato del lembo lunare oscuro; questo consente di seguire questa fase anche per stelle relativamente deboli. Come abbiamo avuto modo di dire già più volte, le occultazioni si seguono bene anche con strumenti dall’apertura modesta, per esempio da 80 mm, preferibilmente rifrattori per il fatto che di norma sono meno sensibili alla turbolenza atmosferica. Addirittura, si possono usare anche binocoli, che però in questo ambito sono molto inferiori ai telescopi, non solo per la (in generale) minore apertura, ma anche e soprattutto per il minore ingrandimento.