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I 40 anni dell’Apollo 1358
I 40 anni dell’Apollo 13
Antonio Lo Campo
40 anni fa accadeva il più celebre naufragio spaziale della storia, per fortuna a lieto fineLa frase “Houston, we’ve got a problem here” (“Houston, abbiamo un problema qui”) resta senza dubbio una delle più celebri e ricordate tra tutte quelle pronunciate in questo primo cinquantennio di missioni umane nello spazio. Forse, per certi versi, persino più di quella storica pronunciata da Armstrong non appena messo piede sulla Luna, quella del “piccolo passo per un uomo” che era anche “un grande balzo per l’umanità”. “Houston, abbiamo un problema”, però, non fu studiata o preparata per celebrare nulla. Anzi, pronunciata due volte, prima dal pilota del modulo di comando dell’Apollo 13, Jack Swigert, e poi ripetuta dal comandante James Lovell, era una frase della quale avrebbero fatto volentieri a meno sia l’equipaggio, che si apprestava al più drammatico naufragio spaziale della storia, sia le centinaia di persone impegnate a Terra, soprattutto presso il Centro di Controllo Missione a Houston. Ma, per certi aspetti, vista anche la conclusione, quella missione e quella straordinaria operazione di recupero dallo spazio verrà poi definita “un fallimento di grande successo” e “la vera ora di gloria della NASA” dal direttore della missione da Houston, Gene Kranz.
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Vita su Marte? Le prove in tre meteoriti48
Vita su Marte? Le prove in tre meteoriti
Cesare Guaita
Dopo i possibili batteri fossili presenti all’interno della meteorite marziana ALH84001, sono state di recente scoperte strutture analoghe anche in altre due meteoriti marziane vecchie “soltanto” di 1,3 miliardi di anni. Se confermati, questi dati dimostrerebbero non solo che in passato su Marte nacque la vita, ma anche che essa è stata presente per gran parte della storia geologica del pianeta, forse fino ai giorni nostriLa classe più abbondante di rocce cosmiche presenti sulla Terra è costituita dalle meteoriti rocciose (85% del totale). La maggior parte di queste ultime è costituita da condriti (ordinarie), così chiamate perché formate da una moltitudine di piccoli agglomerati sferoidali (detti condrule), affogati in un miscuglio non differenziato di silicati. Al loro interno sono praticamente assenti tracce di natura ignea. Esiste però una porzione piuttosto ristretta di meteoriti rocciose (10% del totale) priva di condrule, la cui struttura si presenta invece nettamente differenziata, tanto che si pensa a una formazione legata esclusivamente a processi ignei sul corpo d’origine (da qui il nome di acondriti basaltiche). La maggior parte di esse presenta un’età non diversa da quella di tutte le altre meteoriti (circa 4,5 miliardi di anni). C’è però un piccolo numero di esemplari (circa l’1% del totale) che presenta un’evidente anomalia: l’età di cristallizzazione, calcolata con i metodi di datazione radioattiva a lungo sperimentati sulle rocce lunari, risale “soltanto” a 1,3 miliardi di anni fa. Tale classe (costituita da 54 esemplari per un totale di 92 kg) viene denominata SNC, dove: – S sta per Shergottite, dalla città di Shergotty, in India, dove, nel 1865, cadde il primo esemplare. Alla fine del 2009 se ne conoscevano 43, provenienti sia dall’Antartide (70%) sia dal deserto marocchino.
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Navigando fra le stelle con Gaia41
Navigando fra le stelle con Gaia
Gabriella Bernardi
La missione Gaia si propone di realizzare un catalogo astrometrico della sfera celeste, prevedendo di estendere di diversi ordini di grandezza sia il numero di oggetti sia la precisione rispetto al suo predecessore HipparcosIpparco di Nicea, astronomo greco vissuto tra il 190 e il 120 a.C., fu tra i primi a compilare un catalogo stellare e 2000 anni dopo, esattamente nel 1989, venne lanciato il satellite dell’ESA (l’Agenzia Spaziale Europea) Hipparcos, il primo appositamente costruito per osservazioni astrometriche, dando inizio all’era moderna dell’astrometria. Prima di allora, le difficoltà che si incontravano per fare misure di astrometria, soprattutto globale, erano tali da limitare drasticamente sia la precisione che il numero di stelle incluse nei cataloghi fondamentali. Per fare un esempio, il catalogo più avanzato disponibile prima di Hipparcos era l’FK5 del 1975, che elencava le posizioni di circa 5000 stelle con la precisione di qualche centesimo di secondo d’arco. Questi problemi avevano gradualmente portato l’astrometria, con un processo iniziato nei primi anni del secolo scorso, ad assumere un ruolo sempre più marginale e meno ambito rispetto ad altre branche dell’astronomia moderna. Il satellite Hipparcos rivoluzionò totalmente la situazione perché, grazie al suo punto di osservazione privilegiato in orbita terrestre, riuscì in un colpo solo a eliminare o ridurre tutte le difficoltà tecniche che si opponevano allo sviluppo dell’astrometria secondo i ritmi richiesti dalla scienza moderna.
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Alla ricerca delle galassie primordiali34
Alla ricerca delle galassie primordiali
Jonathan P. Gardner
Il Telescopio Spaziale Hubble ha ripreso le galassie più distanti mai osservate, ma per vedere le galassie primordiali gli astronomi hanno bisogno di osservazioni ancora più profondeNel maggio del 2009, gli astronauti hanno installato due nuove camere CCD sul Telescopio Spaziale Hubble (HST), rendendolo più potente che mai (v. Le Stelle, n. 75, pp. 30-31 e Le Stelle, n. 78, pp. 8-12). La nuova Wide Field Camera 3 (WFC3) ha aumentato la sensibilità e il campo di vista di Hubble alle lunghezze d’onda del vicino infrarosso, migliorandone di un fattore 20 la capacità di osservare galassie remote. Non c’è voluto molto tempo perché la WFC3 lasciasse il segno. Infatti, recentemente, Garth Illingworth, Rychard Bouwens (entrambi all’Università della California, Santa Cruz) e i loro colleghi hanno utilizzato la WFC3 per scovare cinque galassie primitive (visibili all’interno dei cerchietti nell’immagine a fianco). Queste galassie, le più distanti mai osservate, sono molto importanti perché portano la nostra conoscenza dell’evoluzione delle galassie a soli 600 milioni anni dopo il Big Bang (a redshift circa z = 8,2). Queste galassie primitive si trovano circa alla stessa distanza del gamma-ray burst GRB090423 che recentemente ha stabilito il nuovo record per l’oggetto più distante conosciuto (v. Le Stelle, n. 74, pp. 17-18). Tuttavia, nello studio delle galassie, agli astronomi non interessa stabilire un semplice record di distanza. Ciò che si vuole capire è la fisica della formazione delle galassie e come queste si aggreghino nei grandi ammassi che si osservano in cielo.
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L’eclisse dei Moai56
L’eclisse dei Moai
Jay Anderson, Fred Espenak
L’11 luglio di quest’anno gran parte dell’Oceano Pacifico e pochi frammenti di terraferma si troveranno sotto un Sole oscurato dalla Luna. Fra questi, l’isola Rapa Nui, meglio conosciuta come Isola di PasquaLa terza eclissi di Sole in tre anni farà la sua comparsa l’11 luglio, quando il lungo dito dell’ombra della Luna sfiorerà di nuovo con la sua punta la superficie della Terra. A differenza delle eclissi totali del 2007 e del 2008, che davano la possibilità a molti osservatori terrestri di osservarle, gli 11.000 km del percorso dell’eclissi 2010 riguarderanno quasi esclusivamente l’Oceano Pacifico meridionale. LA STRISCIA DI TOTALITÀ La totalità inizierà all’alba in un punto situato circa 2000 km a est della Nuova Zelanda, alle 18h 15m di Tempo Universale (UT); cinque minuti più tardi l’ombra della Luna farà la prima delle sue poche comparse sulla terraferma sull’isola di Mangaia, un resto vulcanico montagnoso nelle Cook Islands, poco più a sud della linea di centralità. La totalità qui durerà 3m e 18s, con il Sole 14° sopra l’orizzonte. Il limite superiore della striscia di totalità manca di poco Tahiti, nella Polinesia Francese, passando soli 20 km a sud di essa. Molti atolli dell’arcipelago delle Tuamotu, poco più a est, sono più fortunati. Le piccole Haraiki e Tauere sono immerse profondamente nella fascia di totalità, ma su nessuna delle due si possono trovare servizi di alcun tipo.