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Il follow-up dei NEO54
Il follow-up dei NEO
Albino Carbognani
L’osservazione dei NEO è un’attività svolta giornalmente da innumerevoli osservatori sparsi in tutto il mondo. Ecco come partecipareIn precedenti articoli abbiamo visto come ricavare alcune delle proprietà geometriche e fi siche degli asteroidi (v. Le Stelle, n. 63, pp. 60-64), come calcolare le traiettorie e le orbite di meteore e bolidi (v. Le Stelle, n. 64, pp. 64-69) e come misurare la distanza di un ammasso globulare usando le variabili Cefeidi (v. Le Stelle, n. 67, pp. 53-59. Proseguiamo con un progetto osservativo che può essere portato avanti sia da studenti sia da astro- fi li: il follow-up dei NEO (Near Earth Object). I NEO possono essere corpi di natura sia asteroidale che cometaria. Spesso si parla di NEA (Near Earth Asteroid), e in questo caso a rigore s’intende la sola popolazione asteroidale. In quest’articolo vedremo gli strumenti e le metodologie per osservare gli asteroidi che possono costituire un rischio d'impatto per la Terra. In breve, si tratta di riprendere immagini CCD dei NEO, misurarne la po- sizione sulla sfera celeste (astrometria) e inviare i risultati, via e-mail, al Minor Planet Center (MPC), che provvederà a calcolarne/ aggiornarne l’orbita. Dalla conoscenza delle orbite si possono ricavare/aggiornare i valori delle probabilità d’impatto dei NEO con la Terra. Si tratta di una ricerca interessante che può dare soddisfazione e, in certi casi, anche intense emozioni.
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La scoperta dell’espansione dell’Universo48
La scoperta dell’espansione dell’Universo
Marcia Bartusiak
Il merito è solitamente attribuito a Edwin Hubble, ma è stato Vesto Slipher a scorgere per primo i segnali dell’espansione dell’UniversoAlla fine del XIX secolo, il ricco Percivall Lowell di Boston – la pecora nera di una delle famiglie più in vista del New England – costruì su di un altopiano ricoperto di pini a Flagstaff, in Arizona, un Osservatorio astronomico privato per studiare Marte, i suoi fantomatici canali e i suoi presunti abitanti. Là, a 2250 m sul livello del mare, Lowell installò un rifrattore Alvan Clark da 24 pollici che non era, nemmeno per l’epoca, un grandissimo telescopio, ma aveva il pregio di essere installato a una quota maggiore del celeberrimo rifrattore da 36 pollici del venerando Osservatorio Lick in California, che ancora oggi risulta fra i telescopi a lenti più grandi del mondo. Ciò era motivo di immenso piacere per Lowell, che cercava di battere il suo concorrente in ogni occasione. Nel 1900 ordinò uno spettrografo appositamente costruito, una versione migliorata di quello in uso al Lick, e per utilizzarlo assunse un giovane laureato in astronomia dell’Indiana University, un ragazzo di campagna dell’Indiana che si chiamava Vesto Melvin Slipher. La scelta di Lowell si rivelò azzeccata: Slipher si servì di uno spettrografo costruito per l’esplorazione planetaria e con grande perizia estese le indagini dell’Osservatorio ben al di là del Sistema Solare. Invece di scorgere nuove proprietà del pianeta rosso, che era lo scopo della fondazione dell’Osservatorio, Slipher si trovò di fronte a un aspetto sorprendente del ben più vasto cosmo. Egli raccolse infatti il primo indizio – e la prima parvenza di dati – dell’espansione dell’Universo. Ma ci vollero più di 10 anni agli altri astronomi per riconoscere appieno la portata della scoperta.
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Le variabili cataclismiche42
Le variabili cataclismiche
Achille Nucita, Francesco De Paolis, Berlinda Maria Teresa Maiolo
Sono fra le stelle più turbolente dell’Universo e possono aumentare la loro luminosità di diversi ordini di grandezza in poco tempo. Fra queste, HT Cassiopeae è l’oggetto-prototipo per studiare i dettagli della regione che emette la radiazione nella banda XContrariamente a quel che potrebbe pensare un osservatore distratto, la maggior parte delle stelle che si stagliano sulla volta celeste non sono “noiosi” punti luminosi. A ben guardare, esse sono talvolta caratterizzate da un fermento di attività il cui studio permette di delineare la loro storia evolutiva: dal collasso gravitazionale di una nube di gas, che condurrà all’“accensione” nucleare che determina l’inizio della vita classica di un astro, alla loro fi ne, preceduta da una vecchiaia più o meno turbolenta. Molte stelle sono effettivamente abbastanza anonime e non mostrano alcun segno di cambiamento sulla scala di tempo della vita umana, ma altre, più attive, lasciano intravedere la loro irrequietezza – una stella è pur sempre una gigantesca centrale nucleare – con cambi di luminosità più o meno repentini e, qualche volta, periodici. Le stelle variabili sono, per defi nizione, tutte quelle che denotano una variazione più o meno marcata della luminosità nel tempo. Le cause di questo cambiamento possono essere tante. Semplifi cando un poco, le stelle variabili vengono suddivise in due grandi classi: variabili “intrinseche” e variabili “estrinseche”.
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Alla scoperta del passato segreto di Marte34
Alla scoperta del passato segreto di Marte
Jim Bell
Una nuova generazione di rover e di orbiter sta facendo una mappa dei minerali del pianeta rosso: si tratta di testimonianze rivelatrici di come l’acqua ne ha condizionato la storia passataNegli anni ’90, gli scienziati incaricati di pianifi care le future esplorazioni planetarie della NASA gettarono le basi di una idea ambiziosa. Piuttosto che condurre singole missioni marziane reciprocamente scorrelate, come era stato fatto fi no ad allora, la NASA avrebbe dovuto intraprendere uno strategico programma di esplorazione marziana a lungo termine, lanciando missioni ad ogni fi nestra di opportunità e strutturandole in base alle scoperte delle missioni che le avevano precedute. Questa impostazione ha dato risultati di grande rilievo nell’ultimo decennio. Una tra le scoperte più eccitanti è stata quella della presenza di minerali che testimoniano come Marte abbia avuto un passato molto ricco di acqua liquida. Questa era moderna di scoperte marziane iniziò nel 1997, con l’orbiter della NASA denominato MGS (Mars Global Surveyor). MGS portava a bordo molti strumenti della missione Mars Observer, fallita alcuni anni prima. Tra questi, una camera ad alta risoluzione (1,5 m/pixel) e uno spettrometro infrarosso (denominato TES, Thermal Emission Spectrometer) capace di mappare la presenza di minerali con una risoluzione di 5 km/pixel.