Le Stelle nr. 70 Febbraio 2009

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Titano: una terra congelata32
Titano: una terra congelata
Jason Barnes
La maggiore luna di Saturno ha montagne, laghi e dune molto simili a quelli della Terra, anche se è molto differente il materiale di cui i due corpi celesti sono costituiti
Nel 1655 Christiaan Huygens scoprì il primo satellite di Saturno, poi chiamato Titano. Generazioni di astronomi successivi fecero molti sforzi per studiare questo mondo lontano e a poco a poco accertarono che le sue dimensioni e le sue caratteristiche sono più simili a quelle di un pianeta che a quelle di un satellite. Con un diametro di 5.150 km, Titano è grande 1,5 volte la Luna ed è anche maggiore di Mercurio. Nessun altro satellite possiede un’atmosfera densa come la sua, per di più composta principalmente da azoto più una piccola percentuale di metano. Di fatto, i planetologi considerano Titano una specie di Terra primordiale congelata. Ma anche quando il Voyager 1 passò a soli 4.000 km di distanza nel 1980, Titano non rivelò i suoi segreti. L’atmosfera era intasata da parecchi strati di smog di idrocarburi, che nascondevano completamente la vista della superficie. Successivamente, gli osservatori utilizzarono certe “finestre” infrarosse capaci di penetrare attraverso la nebbia, ottenendo mappe grossolane costituite da dettagli superficiali chiari e scuri. Ma questo tipo di indagine riuscì solo ad aumentare la curiosità sulla vera natura di questo mondo alieno. Ci si domandava, soprattutto, cosa ci fosse esattamente alla base di questa atmosfera densa e opaca; in poche parole, ci si chiedeva come fosse fatta la superficie. Tags:SISTEMA SOLARE -
Studiare il lato oscuro dell’Universo38
Studiare il lato oscuro dell’Universo
Richard Panek
Celebrato il decimo anniversario della scoperta dell’accelerazione cosmica, gli astronomi stanno affrontando il mistero dell’energia oscura su più fronti
Nel maggio scorso, a un congresso per celebrare il decimo anniversario di una scoperta fondamentale, il direttore dello Space Telescope Science Institute (STScI) a Baltimora ha offerto una lezione di storia: “Non capita spesso che l’astrofisica metta alla prova la fisica di base”, ha detto Matt Mountain ai suoi ospiti: “Negli ultimi 400 anni possiamo contare sulle dita di una mano, forse due, le occasioni in cui questo è accaduto.” Un tale elenco inizierebbe presumibilmente con le scoperte di Galileo nel 1610: i satelliti di Giove, che hanno dimostrato brillantemente che nel cielo notturno vi sono più oggetti di quanti possiamo vederne a occhio nudo, e le fasi di Venere, che hanno confermato la visione copernicana dell’Universo. In fisica, le osservazioni di Galileo condussero alla legge di gravitazione universale di Newton, e in filosofia all’illuminismo. Il maggio scorso, per l’appunto, un centinaio dei principali cosmologi del mondo si sono riuniti per una celebrazione di quattro giorni dell’ultima aggiunta alla lista: la scoperta nel 1998 del fatto che l’espansione dell’Universo non sembra rallentare come gli astronomi si erano aspettati, ma piuttosto accelerare. Tags:COSMOLOGIA -
Costruire pianeti nei dischi del caos44
Costruire pianeti nei dischi del caos
Alycia J. Weinberger
Collisioni gigantesche, sciami di asteroidi raminghi – costruire pianeti è un processo caotico e imprevedibile che sovente produce molti scarti. Ma in un modo o nell’altro, sembra che accada nei dintorni della maggioranza delle stelle
In una serena notte d’estate mi trovo all’aperto, all’Osservatorio di Las Campanas in Cile, e guardo una stella, Beta Pictoris. Sembra del tutto normale, semplicemente un’altra stella relativamente brillante (magnitudine 4), membro di una costellazione indistinta. Eppure, grazie a moderni strumenti, si è scoperto che Beta Pictoris ostenta un grande e complesso disco di polveri, visto di taglio. Questo è solo uno dei molti dischi che si trovano attorno a stelle vicine e che custodiscono la chiave per comprendere la storia del nostro Sistema Solare – e più in generale come nascano i sistemi planetari. Viviamo in un Sistema Solare meraviglioso e stupefacente che continua a intrigarci; abbiamo scoperto una grande varietà costituita da oltre 250 sistemi planetari che orbitano attorno a stelle lontane. Il nostro fine è studiare come questi sistemi nascono e come si sviluppano. Le stelle si formano quando una densa nube di gas e polveri collassa su se stessa a causa della gravità. Mano a mano che essa si contrae, il suo momento angolare (che ne determina la rotazione) deve rimanere quello che era all’inizio del processo; perciò, mentre la maggior parte della massa si compatta e diventa una stella, una piccola parte di essa si dispone in un ampio disco che le orbita attorno. Tags: -
Alle origini della selenografia50
Alle origini della selenografia
Francesco Castaldi
All’inizio si contrapposero due sistemi: quello di Riccioli e quello di Hevelius. Il primo, alla fine, la spuntò. Forse, per la preferenza accordatagli da Gian Domenico Cassini
Dove e quando prese le mosse la denominazione dei mari, dei crateri e degli altri dettagli del suolo lunare? Non bisogna fare molta strada: il luogo di battesimo è Bologna, qualche tempo prima del 1651, allorché il gesuita, matematico e astronomo ferrarese Giovanni Battista Riccioli1 pubblicò l’Almagestum novum, due grossi volumi da considerare come la più completa e approfondita enciclopedia dell’astronomia che fosse mai stata compilata dall’antichità fino ad allora. Fra l’altro, vi sono illustrati, con dovizia di spiegazioni matematiche, tutti i sistemi del cosmo, tanto che alla puntuale trattazione di quello kepleriano attinsero gli stessi seguaci del grande matematico tedesco, apprezzandone la chiarezza e la completezza dell’esposizione. L’opera ebbe diffusione europea, rafforzata dalla pubblicazione della Astronomiae reformatae tomi duo, del 1665, dove Riccioli illustrò anche un suo sistema di calcolo delle posizioni di Sole e pianeti in un modo che lo metteva al passo con i contemporanei kepleriani europei. Tags: -
La camera Magzero MZ-5m58
La camera Magzero MZ-5m
Emmanuele Sordini
Uno dei problemi principali nell’acquisizione di immagini a lunga posa con CCD o fotocamera è, notoriamente, quello delle irregolarità nell’inseguimento, dovute a imprecisioni nell’allineamento o imperfezioni meccaniche della montatura (es. errore periodico): essi si correggono grazie all’autoguida. Il mercato offre numerose alternative, ma si tratta in generale di prodotti esplicitamente dedicati (per esempio il chip integrato nelle camere Sbig, l’- SXV Guider delle Starlight Xpress) o validi ma molto costosi (Sbig STV), oppure di camere uscite di recente sul mercato (es.: Starlight Xpress Lodestar), o ancora poco diffuse (come la serie G1 della Moravian Instruments). Fino ad alcuni anni fa, il protagonista assoluto era il famoso Sbig ST4, che ancora si trova sul mercato dell’usato; del suo sostituto STV (che tra l’altro non è più in produzione) si sente dire un gran bene, ma a costi davvero proibitivi. Insomma, il problema è la mancanza di un prodotto che coniughi: 1. peso contenuto 2. semplicità d’uso a livello sia fisico (per minimizzare le richieste di energia e il numero di cavi/collegamenti necessari), sia del software utilizzato 3. prezzo accessibile. Una soluzione può essere l’utilizzo di CCD veri e propri, come Atik 16 o Starlight Xpress di fascia bassa, che fanno bene il loro lavoro ma sono relativamente impegnativi da gestire poiché il raffreddamento a cella di Peltier li rende piuttosto “affamati” di energia. Pur garantendo prestazioni di tutto rispetto, queste camere non riescono in generale a soddisfare uno o più dei requisiti poc’anzi elencati. Tags: -
“Starry Night”: un osservatorio astronomico sul pc62
“Starry Night”: un osservatorio astronomico sul pc
Emiliano Ricci
Alla scoperta di uno dei più completi e accattivanti software di planetario, arrivato ormai alla versione 6.2.3
“Starry Night”, notte stellata. È il nome di uno dei programmi di planetario che hanno fatto la storia di questo genere di software, verrebbe quasi da dire del programma di planetario per antonomasia. Un nome impegnativo, che però mantiene tutto quello che promette… riservando anche qualche bellissima sorpresa, delle vere raffinatezze per palati astronomici particolarmente fini. Ecco lo scopo di questo articolo: parlare del programma e, soprattutto, dei suoi aspetti più curiosi e meno consueti per un programma di planetario (ma non per questo meno utili o divertenti!). Ma cominciamo dall’inizio. “Starry Night” è prima di tutto un software di simulazione dell’aspetto del cielo, per qualunque tempo e qualunque luogo del pianeta Terra. In realtà è anche possibile spostarsi nello spazio attivando la modalità “Spaceship”, astronave, ma questa è una di quelle “chicche” che tratteremo più avanti. È sufficiente impostare la data e l’ora, selezionare il luogo di osservazione – per mezzo delle coordinate o scegliendolo dalla lunga lista di città del mondo già presenti nel database geografico associato al programma – e il gioco è fatto. La resa è assolutamente realistica, nuvolette basse comprese. Tags: