Le Stelle nr. 64 Luglio 2008

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La notte che venne scoperto Caronte30
La notte che venne scoperto Caronte
Govert Schilling
Trent’anni fa una scoperta accidentale ha cambiato per sempre le nostre idee sul lontano Plutone.
James Walter Christy è un uomo grosso e robusto, con un’espressione austera ma amichevole, e una vigorosa stretta di mano. Christy ama l’Arizona e specialmente Flagstaff, dove Plutone venne scoperto più di 75 anni fa. Quale miglior posto per viverci per l’uomo che ha scoperto il primo satellite di Plutone? Ha una bella casa nella parte nord della città, che guarda verso i coni di cenere del Sunset Crater National Monument. E anche se i cani del vicinato abbaiano incessantemente, non lascerebbe mai quel posto. Christy nacque nel Wisconsin nel 1938, ma da bambino contrasse un’infezione renale e i dottori dissero che per lui sarebbe stato molto meglio vivere in un clima caldo. Così la sua famiglia si spostò in Arizona quando egli aveva 16 anni. E sotto i cieli limpidi dell’Arizona si sviluppò il suo amore per l’astronomia. Nel 1962, ancora prima di laurearsi, Christy ottenne un lavoro all’US Naval Observatory di Flagstaff, dove era stato allestito un nuovo telescopio in grado di misurare con grande accuratezza la posizione delle stelle. Fu lì che, nel 1965, perse la sua prima opportunità di scoprire che Plutone aveva un satellite. Tags:SISTEMA SOLARE -
Sintonizzarsi con l’Universo34
Sintonizzarsi con l’Universo
J. Lazio – M. Kramer – B. Gaensler
I futuri radiotelescopi affronteranno grandi questioni come l’origine della vita e la natura dello spazio e del tempo.
Nel XX secolo abbiamo scoperto la nostra posizione nell’Universo. Abbiamo compreso che il cosmo è incredibilmente più vasto della nostra Galassia, la Via Lattea, e che il cielo ospita fenomeni energetici invisibili ai nostri occhi. I più potenti telescopi hanno rivelato un Universo in espansione con centinaia di miliardi di galassie, ciascuna popolata da un numero simile di stelle di varie dimensioni e temperature, oltre che da gas, polvere, pianeti, buchi neri e altri abitanti più esotici. Ora, agli inizi del nuovo secolo, cerchiamo di comprendere l’evoluzione dell’Universo e delle sue componenti. Come la storia insegna, la nostra capacità di compiere nuove scoperte è direttamente connessa alle grandi svolte tecnologiche. Le impegnative sfide dell’astronomia moderna richiedono una serie di nuovi, potenti strumenti non solo alle lunghezze d’onda della luce visibile, ma su tutto lo spettro elettromagnetico. Tags: -
Congratulazioni, AGILE!40
Congratulazioni, AGILE!
Patrizia Caraveo
Il 23 aprile 2008 il satellite AGILE, la prima delle piccole missioni dell’Agenzia Spaziale Italiana (dedicata allo studio del cielo gamma) ha compiuto un anno di vita orbitale corrispondente a più di 5300 orbite, percorse a circa 8 km/s a 520 km di altezza quasi sopra l’equatore terrestre.
Il primo anno in orbita è, per una missione spaziale, un lungo periodo di prova durante il quale gli strumenti devono dimostrare cosa sono capaci di fare. Prima si esegue un programma di calibrazione basato sull’osservazione di sorgenti con caratteristiche ben note il cui studio permette di capire quali siano le effettive capacità degli strumenti. Contemporaneamente, i controllori a terra devono imparare a conoscere il satellite per utilizzare nel modo migliore possibile gli strumenti di bordo. In generale, non ci si aspettano particolari sorprese: gli strumenti erano stati progettati in grande dettaglio e hanno superato molte prove prima di essere dichiarati pronti al lancio. Si tratta piuttosto di piccole, continue migliorie che permettono di sfruttare al meglio le capacità di sistemi composti da molte parti che devono funzionare tutte insieme. Così è stato anche per AGILE (Astro rivelatore Gamma a Immagini LEggero), la missione dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) dedicata allo studio delle sorgenti gamma, lanciato nell’aprile del 2007 dalla base di Sriharikota, vicino a Chennai (Madras), in India. Perché gli strumenti possano svolgere il loro compito, il satellite deve garantirne la sopravvivenza fornendo la potenza, prodotta dai pannelli solari, e mantenendo sotto controllo la temperatura, riscaldando o raffreddando le varie parti a seconda delle necessità. Tags:ASTROFISICA -
Da Apollo alla Orion: il ritorno alla Luna44
Da Apollo alla Orion: il ritorno alla Luna
Antonio Lo Campo
Il 2008 celebra i quarant’anni dal primo, storico viaggio Terra-Luna effettuato da Apollo 8 nel dicembre 1968. E mentre la NASA, celebra i suoi 50 anni, prepara il nuovo assalto alla Luna con le missioni della navicella Orion, una versione aggiornata e potenziata rispetto alle celebri Apollo degli anni ’60 e ’70.
Il primo sbarco è programmata per il mese di dicembre del 2019. È una data che andrà confermata prossimamente, ma secondo il programma dei lanci NASA del “Constellation Program”, la prima missione a scendere sulla Luna sarà quella della navicella “Orion 13”, contro ogni scaramanzia e fantasmi del passato (ogni riferimento alla celebre missione Apollo 13 non è affatto casuale...). Ma la data del 2019 è considerata, più che “strategica”, quella più idonea per celebrare il ritorno sulla Luna, giusto a mezzo secolo dal primo in assoluto, quello della storica missione Apollo 11, che portò il quinto modulo lunare, costruito dalla Grumman Aerospace, nel Mare della Tranquillità il 20 luglio 1969. Una situazione che di “tranquillo”, in realtà, ebbe solo il nome della regione di atterraggio, poiché quella discesa fu drammatica, tra vari guasti tecnici a bordo, e il sorvolo manuale da parte del comandante Neil Armstrong di un grosso cratere, che portò il LEM a toccare il suolo selenico con soli 16 secondi di tempo prima che la riserva di carburante ancora rimasto nei suoi serbatoi sferici diventasse troppo scarsa per riportare gli astronauti a casa. Il mese di luglio è sempre in qualche modo collegato con quello straordinario evento di 39 anni fa, e anche se l’anniversario importante (il 40°) arriverà il prossimo anno, è doveroso partire da Apollo 11 per fare il punto sul nuovo programma lunare che gli Stati Uniti hanno lanciato nel 2004. Un programma che, a differenza dell’Apollo protagonista della “corsa alla Luna”, è rivolto anche alla cooperazione internazionale. Tags:ASTRONAUTICA -
I Jantar Mantar di Jai Singh50
I Jantar Mantar di Jai Singh
Gabriele Vanin
Strutture litiche monumentali furono erette in varie parti dell’India da un principe illuminato, allo scopo di riformare l’astronomia del suo Paese.
In India l’appassionato di astronomia e di strumenti storici può ammirare alcuni dei manufatti più belli e imponenti che sia dato di trovare in questo settore: i grandi Osservatori astronomici litici che il Maharaja Sawai Jai Singh II fece erigere in varie città, nella prima metà del Settecento: a Delhi (fra il 1721 e il 1724), Benares (fra il 1724 e il 1730), Jaipur (fra il 1728 e il 1738), Ujjain (prima del 1730), e Mathura. Purtroppo, l’Osservatorio di Mathura non ha resistito al tempo; quelli di Benares e Ujjain comprendono ciascuno sette strumenti; quello di Delhi è costituito da soli quattro strumenti, ma di proporzioni veramente monumentali; quello di Jaipur è un vero e proprio parco astronomico di dimensioni colossali e possiede non meno di 16 strumenti Tags: -
StellaCam3 una videocamera per tutto il cielo58
StellaCam3 una videocamera per tutto il cielo
Johnny Horne
La nuova StellaCam3 di Adirondack è in grado di mostrare immagini sia dei corpi del Sistema Solare sia degli oggetti deep-sky senza la necessità di usare un computer.
L’imaging video in alta risoluzione di Sole, Luna e pianeti non è più una novità per gli astrofili. Quando vengono mostrate su un monitor TV le stupende immagini di questi corpi celesti, fatte con webcam e videocamere di basso costo, il successo è assicurato ad ogni meeting di astrofili. Negli ultimi anni, però, una nuova generazione di videocamere di alta sensibilità ha esteso il mondo del video imaging anche agli oggetti deep-sky. L’ultima novità di questa linea è la StellaCam3. Più piccola e leggera di un oculare, questa videocamera in bianco e nero costruita da Adirondack è ancora più sensibile dei modelli precedenti ed è in grado di mostrare in tempo reale, su un monitor TV, immagini di nebulose e galassie, senza la necessità di utilizzare un computer o perdere tempo nell’elaborazione delle immagini. La StellaCam3 consente di fare esposizioni sia di lunga durata che brevissime, fino a 1/2000s. Inoltre, il sistema opzionale di raffreddamento termoelettrico può migliorare notevolmente le già buone prestazioni della videocamera per l’imaging del cielo profondo. Se considerate tutte insieme, queste caratteristiche rendono la StellaCam3 un punto di arrivo per chi voglia acquistare una videocamera in grado di registrare tutto ciò che vi è in cielo, dal Sole (con un apposito filtro), alla Luna fino alle più deboli nebulose e galassie. In questo articolo espongo i risultati di una serie di test che ho condotto su un esemplare di StellaCam3 fornito da Adirondack, utilizzando diversi telescopi e obiettivi per macchine fotografiche. Tags: -
Triangolare meteore e bolidi64
Triangolare meteore e bolidi
Albino Carbognani
Come si fa a ricostruire la traiettoria atmosferica e l’orbita eliocentrica di una meteora o di un bolide? Il procedimento da applicare è concettualmente semplice: in questo articolo vi spieghiamo come fare con l’ausilio di software specifici.
Spesso, durante l’osservazione del cielo notturno, può capitare di assistere alla comparsa di meteore molto luminose che lasciano la loro scia persistente nel cielo, oppure di bolidi con luminosità paragonabile a quella della Luna piena (magnitudine –12,5) o, più raramente, del Sole (magnitudine –26,8), in grado di illuminare a “giorno” il suolo. Per il nostro paese l’ultimo evento di questo tipo si è verificato il 1 marzo 2008 alle 22h 45m UT, quando il Nord Italia è stato illuminato a giorno da un superbolide di colore verde, con traiettoria percorsa approssimativamente da sud verso nord. Meteore luminose e bolidi sono provocati dall’ingresso in atmosfera di piccoli corpi solidi (da 1 a qualche decina di cm di diametro), chiamati meteoroidi. La velocità di caduta è dell’ordine delle decine di km al secondo; il corpo extraterrestre raggiunge una temperatura molto elevata, sublima e provoca una scia di ionizzazione in atmosfera che, dal suolo, è visibile come meteora (popolarmente chiamata “stella cadente”). Se il meteoroide è sufficientemente massiccio, in parte può arrivare al suolo e diventare un meteorite. Se un astrofilo si trovasse ad assistere a un evento di questo tipo, il suo primo pensiero sarebbe sicuramente quello di cercare di ricostruire la traiettoria in atmosfera del meteoroide, sia per circoscrivere la zona di caduta dell’eventuale meteorite (e tentare così un recupero…), sia per ricostruirne l’orbita eliocentrica originaria allo scopo di avere indicazioni sulla sua origine. Tags:OSSERVAZIONI