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UNA TERRA BIS? Ci siamo vicini36
UNA TERRA BIS? Ci siamo vicini
Mario Di Martino
Il satellite della NASA “Kepler” ha individuato almeno due pianeti di taglia terrestre intorno a una delle stelle che sta esaminando nella regione di cielo tra il Cigno e la Lira. Sono nella fascia di abitabilità, dove l’acqua potrebbe esistere nei suoi tre stati, solido, liquido e gassosoDue pianeti di taglia terrestre sono stati individuati dal satellite della NASA “Kepler” nella fascia di abitabilità di una stella simile al Sole. Lo ha annunciato un articolo pubblicato sulla rivista americana “Science” il 19 aprile scorso e la notizia ha occupato pagine intere sui giornali di tutto il mondo perché è una di quelle che colpiscono la fantasia dei lettori. I titoli sulla “Terra-bis” non si contano. In effetti si tratta di una notizia interessante, ma per darle il giusto peso e significato occorre contestualizzarla. Sono trascorsi quasi vent’anni dalla scoperta dei primi pianeti extrasolari e ad oggi il numero di quelli di cui è certa l’esistenza sfiora le 900 unità. I primi risultati in questo campo d’indagine giunsero nel 1980, quando attorno alla stella ß Pictoris fu osservato un disco di gas e polveri (disco di accrescimento), probabilmente un sistema planetario in formazione, che sembra essere conforme al modello di formazione del Sistema solare. Secondo questa teoria, infatti, i pianeti hanno origine da un disco circumstellare di gas e polveri che rappresentano ciò che rimane della stessa nebulosa da cui si è formata la stella attorno a cui orbitano.
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DA TERAMO A MARTE l’avventura di Collurania41
DA TERAMO A MARTE l’avventura di Collurania
Roberto Buonanno
Creata nel 1890 e poi donata allo Stato italiano da Vincenzo Cerulli, la specola ha rischiato più volte la soppressione ma sempre si è conquistata sul campo la stima della comunità scientifica internazionale. Partecipa alla missione Gaia dell’Esa e ha fornito la camera fotografica ad un telescopio infrarosso in Antartide“L’osservatorio di Teramo, costruito a mie spese nel 1890-91 ed in funzione già dall’estate 1893, è collocato a S.E. della città, su di una collinetta alta 400 metri sul mare e 100 metri sopra Teramo. Questa collina dal giorno in cui vi è sorta la specola, si è chiamata Collurania... A sud e a ovest di Collurania si stende la catena dell’Appennino centrale, con vista incantevole e a distanza perfettamente bastante a che l’orizzonte dell’osservatorio sia tutto libero...” (V. Cerulli: 1897, Memorie della Società degli Spettroscopisti Italiani, vol. XXVI, p. 71). “... Era la prima volta che mi recavo a quell’Osservatorio e ne sono rimasto ammirato sia per la splendida sua posizione su di una collina circondata da piante resinose che ne imbalsamano l’aria; sia per la bellezza, la bontà e la perfezione degli strumenti, tenuti con somma cura; sia ancora per l’eleganza sobria e fine che regna nelle stanze adibite ad uffici e ad abitazione degli astronomi...” (L. Taffara: 1913, Memorie della Società degli Spettroscopisti Italiani, vol. 2, serie 2, p. 11). In poche righe Vincenzo Cerulli e Luigi Taffara danno così l’immagine dell’Osservatorio di Collurania. Un’immagine ancora oggi adeguata alla realtà.
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MERAVIGLIOSI ANELLI DI SATURNO50
MERAVIGLIOSI ANELLI DI SATURNO
J. Kelly Betty
Il tentativo di interpretare queste eleganti fasce di materia inizia più di quattro secoli fa, quando Galileo per la prima volta scrutò ‘quel caso così sorprendente’ nel 1610Molti di noi hanno provato la loro prima grande emozione celeste guardando al telescopio il pianeta Saturno. In questi mesi il pianeta con gli anelli è di nuovo in posizione favorevole per una comoda osservazione. Ma indipendente dalla potenza del telescopio, l’immagine degli anelli di Saturno osservabile dalla Terra non ha nulla che faccia sospettare ciò che le sonde spaziali hanno scoperto con osservazioni ravvicinate. I futuri storici dell’osservazione spaziale registreranno due grandi momenti di scoperte relativi a Saturno. Durante il primo, nel 1980-81, i Voyager 1 e 2 rivelarono che lo straordinario sistema di anelli del pianeta non è una singola superficie piatta ma piuttosto è costituito da migliaia di anelli individuali, al tempo stesso meravigliosi e strani nella loro organizzazione globale. Nel secondo, iniziato nel 2004, la sonda orbitante Cassini ha scoperto che gli anelli sono ancora più belli e strani di quanto si fosse immaginato in precedenza. Non è un caso che le immagini della Cassini siano così innovative. Carolyn Porco (Space Science Institute), responsabile della missione per l’analisi delle immagini, dice: “Sapevo che stavo per utilizzare la fotocamera per scopi scientifici ma era necessario fare anche molta attenzione a come le immagini sarebbero state presentate al pubblico”.
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IL CUORE DELLA TERRA svelato dai geoneutrini58
IL CUORE DELLA TERRA svelato dai geoneutrini
Piero Bianucci
Un esperimento nel Laboratorio del Gran Sasso cattura i neutrini generati nel mantello terrestre da uranio, torio e potassio. Si spiega così circa la metà dell’energia che è all’origine di terremoti, vulcani, catene montuose. La potenza termica del nostro pianeta è stimata da 31 a 44 mila GW (le grandi centrali nucleari sono da 1 GW)È strano: abbiamo inviato sonde spaziali oltre i confini del nostro sistema planetario ma sappiamo pochissimo di ciò che la Terra nasconde sotto la sua superficie. La perforazione più profonda, eseguita dai russi nella penisola di Kola, è scesa ad appena 12 chilometri nella crosta terrestre. La realtà è che solo nei romanzi di Jules Verne si può immaginare un viaggio al centro della Terra. In pratica, finora gli scienziati hanno dovuto accontentarsi di sondare il sottosuolo approfittando delle onde sismiche. Cosa utile per scoprire quali strati rocciosi si succedono sotto i nostri piedi, ma che dice poco sul loro stato chimico e fisico. Adesso però le cose stanno cambiando. La sonda per esplorare il sottosuolo non è più una trivella ma il flusso di particelle subnucleari chiamate “geoneutrini” provenienti dalla Terra stessa. L’esistenza dei geoneutrini fu predetta negli Anni Sessanta del secolo scorso da Marx ed Eder, ma solo in tempi recenti il progresso nella rivelazione dei neutrini ha permesso di ipotizzarne uno studio sperimentale. Il collegamento fra le predizioni teoriche dei modelli geologici e i possibili risultati sperimentali è stato oggetto di numerosi studi, sia in Italia (gruppo di Fiorentini, Università di Ferrara) sia in Giappone (Enomoto e altri).
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PIANETI, CIOÈ VAGABONDI62
PIANETI, CIOÈ VAGABONDI
Greg Laughlin
Molti meccanismi gravitazionali possono spingere i pianeti a spostare la loro orbita a grande distanza dalla posizione originariaNel 1980-81 le sonde Voyager della NASA sfiorarono Saturno e ne esplorarono il sistema di anelli in dettaglio per la prima volta. Al posto della superficie luminosa visibile con i telescopi terrestri, gli anelli - composti di una grande quantità di piccoli corpi ghiacciati - apparvero decisamente dinamici, mostrando onde spiraliformi, anellini in rapida evoluzione e lune nascoste all’interno. La nitidezza delle immagini Voyager permise di studiare l’ambiente degli anelli come utile esempio dei dischi di gas e polvere che circondano le stelle appena nate e danno luogo ai pianeti. Di particolare interesse erano le immagini Voyager di piccole lune inglobate negli anelli. Poiché l’ambiente degli anelli è abbastanza calmo, le deboli forze gravitazionali tra gli anelli e le lune possono influenzare notevolmente l’evoluzione dell’intero sistema. In particolare, una luna che orbita in un anello genera una scia perturbativa (wake) che si sposta attraverso le particelle dell’anello, proprio come la scia a forma di V prodotta da un motoscafo nell’acqua. Le particelle dell’anello più vicine al pianeta si muovono più velocemente di quelle più lontane. Come risultato, le scie perturbative create dalle lune spiraleggiano davanti al satellite nelle regioni più vicine al pianeta e spiraleggiano dietro ad esso nella regione dell’anello più lontana.
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DOV’È FINITA L’ENERGIA DEI FOTONI della “radiazione fossile”?68
DOV’È FINITA L’ENERGIA DEI FOTONI della “radiazione fossile”?
Piero Galeotti
-Il nostro gentile lettore Bruno Montecchiari ci ha inviato una mail ponendoci questa domanda: ... Tutti i fotoni emessi quando l’universo è diventato trasparente, che non sono poi stati assorbiti, e quelli che ancora vengono emessi subiscono una diminuzione della frequenza originaria per via dell’espansione dell’universo. Ciò significa che un fotone, che all’origine aveva una certa frequenza ora, se osservato, mostrerà una frequenza decisamente minore a causa dello spostamento verso il rosso della lunghezza d’onda. La mia domanda è: poiché la frequenza di un fotone ne determina l’energia, tramite la costante di Planck, se la frequenza del fotone è diminuita, anche la sua energia deve essere diminuita, per cui mi chiedo dove sia finita l’energia mancante. Forse ha contribuito a creare quella che oggi si chiama energia oscura? La sua domanda, certamente molto interessante per molti lettori de le Stelle, può essere divisa in due parti. La prima: dove è finita l’energia persa dal fotone, la seconda se questa energia persa può essere la causa e l’origine dell’energia oscura. Rispondo immediatamente alla seconda parte della sua domanda dicendole subito di no: per quanto ora ne sappiamo, l’energia persa dai fotoni della radiazione cosmica di fondo non può essere all’origine, né tantomeno può essere identificata, con l’energia oscura.
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WEBCAM: sfida ad alta definizione70
WEBCAM: sfida ad alta definizione
Piero Bianucci
La Neximage5 della Celestron è l’evoluzione di un modello già ben affermato. Con 5 milioni di pixel dalle dimensioni di appena 2,2 micron quadrati, offre prestazioni che la avvicinano a camere CCD molto più costose e di uso complessoI sensori CCD, Charge-Coupled Device, dispositivi elettronici ad accoppiamento di carica, hanno rivoluzionato la fotografia astronomica eliminando in pochi anni le pellicole (o lastre) fotografiche e il loro macchinoso utilizzo: lunghe pose, sviluppo, conservazione, scarsa accessibilità, per non parlare dei costi. Con i CCD – azzerati i materiali di consumo – non c’è più stato limite al numero degli scatti, l’immagine è diventata immediatamente disponibile, la sensibilità ha fatto un balzo in avanti (l’efficienza quantica è decine di volte quella delle pellicole più sensibili) e si è estesa a parti dello spettro fuori portata per le lastre. Grazie ai CCD, vecchi telescopi come il 5 metri di Monte Palomar hanno conosciuto una seconda giovinezza e piccoli telescopi amatoriali sono diventati competitivi con i telescopi degli Osservatori professionali. Problemi iniziali dovuti alla ridotta superficie dei sensori e al loro basso potere risolutivo sono stati almeno in parte superati. Ciò non toglie che la fotografia astronomica rimanga una pratica complessa, che richiede notevoli conoscenze tecniche, esperienza e soprattutto grande dedizione.