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LA SARDEGNA ASCOLTA Radio-universo66
LA SARDEGNA ASCOLTA Radio-universo
Andrea Possenti
Vicino a Cagliari sta per entrare in funzione il secondo radiotelescopio del mondo per dimensioni e tecnologia a superficie attiva. La parabola ha un diametro di 64 m e la sua forma è controllata con la precisione di 0,3 mm. Una nuova sede con planetario e un telescopio aperto al pubblico. Dalla misura della latitudine all’ora atomicaI prossimi mesi saranno ricchi di eventi per l’Osservatorio Astronomico di Cagliari (OAC), struttura di riferimento dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) in Sardegna. Presto diventerà operativo il Sardinia Radio Telescope (SRT), una parabola di 64 m di diametro dotata di superficie attiva, il secondo radiotelescopio più grande al mondo con questa tecnologia d’avanguardia. Finanziato dal Ministero per la Ricerca, dall’Agenzia spaziale italiana e dalla Regione Sardegna, costituisce uno dei progetti di punta dell’Inaf, che lo ha realizzato appoggiandosi su tre strutture attuatrici: l’Istituto di Radioastronomia di Bologna, l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri e, appunto, l’Osservatorio Astronomico di Cagliari, il cui personale è da una decina d’anni in prima linea nel progetto. Un secondo passaggio fondamentale è l’ormai imminente trasferimento in una nuova modernissima sede, costruita dall’amministrazione di Selargius – un comune alle porte di Cagliari – grazie ai finanziamenti vinti nel 2006 su un bando della Regione Sardegna per “progetti di qualità”, un finanziamento poi integrato da un contributo, percentualmente più modesto, dell’Inaf. Per l’Osservatorio si tratterà di un autentico trampolino di lancio verso una nuova fase della sua storia.
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TUTTI I PIANETI in una stanza16
TUTTI I PIANETI in una stanza
Elisa Contessi
Come ricostruire il Sistema solare in aula rispettando la scala delle distanze e, separatamente, quella delle dimensioni planetarieLe immagini riportate sui libri scolastici e divulgativi rappresentano spesso il Sole e i pianeti a distanze che non rispettano le reali proporzioni e ciò può portare in errore gli studenti, e non solo loro. Le tabelle che di solito affiancano queste figure forniscono, tra i numerosi dati sui pianeti, anche le loro distanze medie dal Sole. Ma la lettura numerica non permette di visualizzare con facilità i rapporti tra le distanze nel loro insieme. Suggerisco quindi un modo facile, efficace, rapido e non costoso per far comprendere agli studenti “l’architettura” del Sistema solare. L’esperienza descritta è stata realizzata con gli allievi di due classi prime (IA e IB) del Liceo Scientifico “L. Magrini” di Gemona del Friuli (Udine) nell’anno scolastico 2011/2012. Essa consiste nel tracciare sul pavimento dell’aula le orbite dei pianeti, considerati puntiformi, “ponendo” il Sole in un angolo della stanza (possibilmente verso est o sud). Prima di iniziare il lavoro si chiede agli studenti della classe di completare una tabella, indicando in centimetri le distanze medie del pianeti dal Sole, ponendo ad esempio 1 UA = 20 cm, consultando per i valori reali il loro libro di testo.
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PRIMI GIORNI DI SCUOLA74
PRIMI GIORNI DI SCUOLA
Stefano Sandrelli
-Rosella insegna astronomia all’Istituto Globale “Falcone e Borsellino” di Pistoia. Rosella ama parlare con i suoi giovani allievi (lei, che non è più giovane), discutere, confrontarsi con sincerità. Alla fine dell’anno scolastico, si direbbe che sia riuscita a stringere una quasi amicizia con molti di loro. “È un buon ausilio didattico”, si schermisce con i colleghi. Ma il suo sorriso aperto e gli occhi che si abbassano leggermente indicano che il rapporto con i ragazzi è per lei soprattutto una fonte di vero piacere. Il suo cruccio, però, è quello di possedere una memoria ingannevole e capricciosa; nonostante gli sforzi, continua sempre ad avere qualche problema nel ricordarsi il nome di tutti. Da qualche anno, per fortuna, la tecnologia le è venuta in soccorso: il nuovo microchip quantistico sviluppato dalla HAL è in grado di memorizzare oltre 4000 immagini da 4 Tb ciascuna e permette, finalmente, di sfruttare fino in fondo le fotocamere a scansione elettronica che le sono state impiantate al posto degli occhi qualche anno prima. Nei primi giorni di scuola, con una semplice panoramica, realizza un archivio fotografico in tricromia (RGB) ad alta risoluzione dei suoi allievi. Con i dati raccolti realizza il diagramma H-R (High emotion - Rationality) che mostra la variazione di colore e di luminosità riflessa intrinseca (in condizioni cioè di illuminazione esterna costante e a largo spettro) degli studenti dalla prima alla sesta ora di lezione.
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CENTO ANNI di raggi cosmici55
CENTO ANNI di raggi cosmici
Mauro Dardo
Nel 1912 la scoperta del flusso di particelle atomiche che investe la Terra provenendo dallo spazio. Ne sono derivati decisivi progressi nell’esplorazione sia dell’universo sia del microcosmo atomico. E non è finita... I protagonisti: Hess, Anderson, Rossi, Powell, OcchialiniIl fisico italo-americano Bruno Rossi così descriveva, nel suo libro intitolato Cosmic Rays, una insolita spedizione con un pallone in alta quota, avvenuta cento anni fa. “Alle sei del mattino del 7 agosto 1912, un pallone saliva verso il cielo, da un campo vicino alla città di Aussig in Austria. Nella gondola del pallone c’erano tre uomini: un navigatore, un meteorologo e un fisico. Durante le successive due ore e mezzo il pallone salì a un’altitudine di [5000 metri], mentre si spostava velocemente verso nord… A mezzogiorno il pallone atterrò vicino alla città tedesca di Pieskow, 30 miglia a est di Berlino… Il fisico e capo della spedizione era Victor Hess. Egli aveva portato con se tre elettroscopi del tipo che allora si utilizzava per rivelare e misurare la radiazione emessa dal radio e da altre sostanze radioattive. Mentre i suoi compagni si prendevano cura della navigazione…, Hess guardava i suoi strumenti e annotava le loro registrazioni... Nel numero di novembre 1912 del giornale tedesco “Physikalische Zeitschrift”, Hess riassumeva il suo lavoro con la seguente frase: ‘La migliore spiegazione dei risultati delle mie osservazioni è di assumere che una radiazione con una grande capacità di penetrazione entri nell’atmosfera dall’alto’.”.
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CAMBIA IL METRO dell’universo60
CAMBIA IL METRO dell’universo
Piero Bianucci
Fissato una volta per tutte il valore dell’unità astronomica e precisata la costante di Hubble che indica la velocità dell’espansione cosmica. Il premio Nobel Klaus von Klitzing: verso una definizione dell’unità di massa (kg) ancorata alla costante di PlanckPochi se ne sono accorti, ma nella scorsa estate è entrata in vigore una nuova e più semplice definizione dell’unità astronomica (UA), il “metro” del cielo. La decisione presa è importante e interessante per due motivi: 1) l’unità astronomica sta alla base di tutte le misure delle distanze cosmiche; 2) la nuova definizione è riferita alla velocità della luce. In prima approssimazione, l’unità astronomica equivale alla distanza che separa la Terra dal Sole, cioè all’incirca 150 milioni di chilometri (8 minuti e 20 secondi luce: un anno luce, l’unità di misura più comune in astronomia, è pari a 65 mila unità astronomiche o, se volete, a poco meno di 10mila miliardi di chilometri). Dopo secoli di sforzi da parte degli astronomi per stabilire l’unità astronomica con la massima precisione possibile, ora il suo valore è stato definitivamente fissato in 149.597.870.700 m. Figlio della Rivoluzione francese, che lo volle pari a un decimilionesimo dell’arco di meridiano che va dal polo nord all’equatore, oggi il metro è l’unità di lunghezza nel Sistema Internazionale (SI) e dal 1983 viene definito anch’esso in modo assoluto come la distanza che la luce percorre nel vuoto in un 299.792,458° di secondo.
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ADDIO ALLA LUNA: quarant’anni fa l’Apollo 1746
ADDIO ALLA LUNA: quarant’anni fa l’Apollo 17
Antonio Lo Campo
Fu la missione dei primati, l’unica che portò sul nostro satellite uno scienziato: il geologo Jack Schmitt. Spettacolare e pieno di tensione il decollo notturno da Cape Canaveral. Era il 6 dicembre 1972Il 6 dicembre 1972, tre astronauti rivestiti dai bianchi scafandri lunari, si avviavano alla rampa 39-A del Centro Spaziale Kennedy. Erano i protagonisti dell’ultima missione lunare Apollo, la numero 17: Eugene Cernan, il comandante della missione; Ronald Evans, il pilota del modulo di comando battezzato “America”, e l’uomo destinato alla discesa sulla Luna con Cernan sul LEM chiamato “Challenger”; Harrison Schmitt, geologo, primo scienziato a sbarcare sulla Luna. Apollo 17 fu un volo molto spettacolare, a cominciare dalla partenza, in quanto, per la particolare posizione del luogo di allunaggio, vicino al cratere Littrow, a nord-est dell’equatore lunare, era necessario effettuare un lancio in piena notte. Eugene Cernan è nato in un sobborgo di Chicago nel marzo del 1934 e si è laureato in ingegneria elettronica presso la Purdue University: “Fu in quel periodo che venne stuzzicato il mio appetito di volare...”, racconta. In seguito, entrò nella US Navy, provenendo dal programma di addestramento per ufficiali della riserva, e subito si iscrisse alla scuola di volo. Presto divenne uno dei migliori piloti collaudatori.
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SCHMITT, LO SCIENZIATO che camminò sulla Luna50
SCHMITT, LO SCIENZIATO che camminò sulla Luna
Piero Bianucci
Geologo, prese il posto di Eugene Shoemaker, bocciato dalla Nasa per motivi medici. Senatore e poi consulente spaziale, sostiene che bisogna tornare sul nostro satellite per risolvere il problema energetico che incombe sull’umanità con l’esaurimento dei combustibili fossili: l’elio-3 lunare renderebbe più semplici e puliti i futuri reattori a fusione nucleareÈ curioso. La missione Apollo 17 chiude l’esplorazione della Luna da parte di astronauti proprio nell’atto di aprirne una fase nuova. Una fase non più “politica” (la “guerra fredda” con l’Unione Sovietica) ma “economica”, mirata allo sfruttamento delle risorse del nostro satellite. Nato nel 1935, laureato in geologia ad Harvard, e compagno di viaggio di Eugene Cernan sull’Apollo 17, Harrison H. Schmitt è l’unico scienziato che abbia camminato sulla Luna. Gli altri undici Moon-men, chi più chi meno, erano militari trasformati in astronauti, Neil Armstrong incluso. Schmitt ha lasciato la Nasa nel 1975 e per un lungo tratto della sua vita si è dedicato ad attività che avevano come tema lo spazio, ma senza dare troppo nell’occhio. Poi, nel 2006, ha pubblicato un libro intitolato Return to the Moon (330 pagine, editore Praxis/Springer), e Neil Armstrong gli ha scritto la prefazione, chiudendo il cerchio tra il primo e l’ultimo astronauta del Programma Apollo.
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FURIA DELLA NATURA40
FURIA DELLA NATURA
David Baker , Todd Ratcliff
Le violente condizioni climatiche di certi pianeti del Sistema solare fanno impallidire anche i fenomeni meteorologici più terrificanti e distruttivi del nostro pianetaIl clima influenza fortemente la nostra vita di tutti i giorni. Cibo, vestiti, lavoro, giochi, trasporti, comunicazioni e salute sono tutti intimamente legati ad esso. Il clima dinamico della Terra è in sostanza il prodotto di differenze di temperatura. Una gradevole brezza marina sulla spiaggia è prodotta da un divario di temperatura tra la terra e il mare. Scrosci di acqua rinfrescante si possono produrre quando aria calda instabile sale dalla superficie e si raffredda, facendo sì che l’umidità condensi. Anche su scala globale, sono le differenze di energia tra l’equatore e i poli a dar luogo alla circolazione atmosferica di tutto il nostro pianeta. Ma il tentativo della Terra di equilibrare le sue temperature non si verifica sempre in modo tranquillo. Violente correnti circolari si trasformano in tornado quando aria calda e umida dal Golfo del Messico collide in modo turbolento con aria fredda e secca proveniente da nord. Fulmini scoccano a 28.000 °C (una temperatura circa cinque volte superiore a quella della superficie del Sole) e fanno danni per più di 1 miliardo di dollari l’anno. Cicloni tropicali come l’uragano Katrina, con venti che arrivavano a 280 km/h e ondate oceaniche alte più di 10 m, devastano le coste non protette e ne danneggiano i delicati ecosistemi.